I lavori sono iniziati circa 44 mesi prima dell’apertura al pubblico del Nuovo Museo, intraprendendo a quell’epoca un ampio scavo archeologico.
In realtà oltre che una indagine sulle tracce di quanto aveva lasciato l’uomo nell’area del cantiere, lo scopo dal punto di vista strutturale, era anche quello di mettere in luce il piano fondale della nuova costruzione e di verificare il livello di affondamento delle antiche murature.
Le porzioni nuove dell’edificio che infatti sono state realizzate partono, in alcune zone da autonomi organismi di appoggio a terra, ed in altre sfruttano le murature storiche esistenti all’interno del perimetro del Museo.
A riguardo delle opere strutturali che hanno permesso di realizzare la nuova configurazione degli spazi espositivi, si possono suddividere i vari interventi in alcune tipologie ben distinte fra loro, anche se poi nel complesso tutte hanno contribuito in maniera sinergica all’opera finale.
Durante lo scavo archeologico, che abbiamo rammentato, vennero anche condotti ampi smontaggi di corpi di fabbrica secondari, lasciando così completamente vuoto, ma ancora protetto dalla copertura degli inizi del novecento, l’enorme vano dell’antico Teatro granducale “degli Intrepidi”; anche la sua facciata ovest rimaneva liberata dalle costruzioni di intasamento fra il grande vano e la sede del precedente Museo.
Il primo atto “strutturale” che venne eseguito fu la costruzione della fondazione del vano di corsa dell’attuale ascensore principale, all’interno del quale è rimasta montata ed attiva la grande gru a torre che ha movimentato tutto il materiale necessario per la nuova costruzione.
Questa si è principalmente sviluppata a cavallo della muratura di confine Ovest del ex Teatro degli Intrepidi; una parte ha permesso la formazione di cinque piani all’interno del Teatro stesso, mentre quella parallela verso la Piazza del Duomo, nella quale rimane alloggiato l’ascensore, si articola in una serie analoga di livelli ma con configurazioni variamente “vuote” per la presenza di doppi volumi che realizzano le scenografie espositive progettate.
Via via che i nuovi edifici crescevano, da terra verso la loro copertura, la torre della gru veniva ingabbiata dal vano di corsa del futuro elevatore, fino a quando pressoché tutta la costruzione è stata completata al grezzo delle strutture.
Ritorniamo qui alla rapida descrizione delle varie tipologie strutturali realizzate.
Gli elementi costruttivi verticali sono per la maggior parte “murari” ed anche preesistenti;
era quindi obbligatorio,in considerazione della notevole quantità di variazioni di grandezza e dislocazione dei varchi esistenti, che fosse prevista una modalità di lavorazione “non distruttiva” in termini statici; una tecnica che lasciasse invariata più possibile la configurazione dell’assetto statico delle murature, consolidato nel tempo ed ora sottoposto agli impegni di sostentamento dei carichi trasferiti dai nuovi orizzontamenti.
I nuovi passaggi sono stati così tutti realizzati per taglio meccanico delle murature esistenti praticamente già a misura delle nuove aperture, bordando il taglio stesso con irrigidenti metallici di spigolo e riaggregazioni murarie per iniezioni di malta pompabile su tutto il perimetro.
Il taglio eseguito a disco diamantato o a filo irrigato ha fra l’altro permesso di valutare direttamente sulla sezione tagliata ed indisturbata, la quantità di vuoti esistenti nel corpo murario, in modo da calibrare opportunamente gli interventi di riaggregazione per quantità di malta iniettata.
La parete verticale che prospetta sulla grande sala del Paradiso si presenta con un “casellario” di pieni e di vuoti, all’interno dei quali trovano il proprio alloggiamento, a terra, le tre teche delle porte del Battistero ed il sostegno, in quota, dei vari livelli di piano, uno scantinato a depositi, tre espositivi ed uno impiantistico nel sottotetto.
Questa parete è l’unica che è stata configurata in calcestruzzo armato ed all’interno delle tozze travi orizzontali ricorrono in più di un caso, concentrazioni di armatura in acciaio ottenute con l’inserimento di profili a sezione aperta della serie HE.
I solai meritano una loro particolare descrizione; dal momento che le operazioni di costruzione avvenivano all’interno di un tessuto murario già edificato e con scarsa possibilità di brandeggiamento di elementi costruttivi pesanti o ingombranti, si è adottata la tecnica di formazione di solai mediante l’uso di casseforme lineari in polistirolo espanso ad alta densità; gli elementi sono armati longitudinalmente con strisce verticali in lamiera presso-piegata che conferiscono alle cassaforme stesse una adeguata classe di portanza, in modo da sostenere il getto di calcestruzzo per la formazione degli orizzontamenti con una limitata quantità di sostegni provvisionali.
La sezione di pannelli leggeri di polistirolo espanso sono infatti sagomate in modo da ottenere, a getto eseguito, un classico solaio di tipo alleggerito con nervature parallele di cemento armato ordinario.
Il vincolo con le murature esistenti è stato ottenuto con la tecnica “grip-round”, dove l’appoggio di montaggio contro le murature è costituito da profili ad L spillati agli elementi strutturali verticali e l’armatura efficace a momento negativo al vincolo è costituita da una serie uniformemente diffusa di spillature in tondo da cemento armato, sagomato e solidarizzato con le murature per resinatura strutturale.
Una serie di prove preventive di “pull-out”, eseguite sulle murature in sito, ha consentito di verificare la sicurezza di tale tipologia costruttiva. I pannelli di solaio sono comunque stati disegnati, all’interno del perimetro irregolare dei vani esistenti, su piante pressoché quadrate, bordate perimetralmente con profili commerciali a sezione aperta: ad L sulle murature di appoggio e della serie HE parallelamente alle nervature.
Quest’ultimi elementi orizzontali in acciaio, puntualmente vincolati alle murature tramite un raffittimento delle spillature di bordo, generano staticamente una funzione di incatenamento, mentre lungo le murature di appoggio una sorta di trave-cordolo in c.a. sutura il dispositivo di vincolo ora descritto e regolarizza in pianta il campo dei pannelli di alleggerimento.
Questi due dispositivi costruttivi permettono la formazione una sorta di scatola muraria confinata a cadenza planimetrica pressoché regolare su luce media dell’ordine dei sette metri e mezzo.
Un apparato strutturale di un certo impatto costruttivo, è costituito dalla nuova copertura della grande sala del Paradiso; è una compagine complessa, formata da due livelli strutturali, che comunque collaborano ed interagiscono staticamente fra di loro: il soffitto inferiore e gli elementi di sostegno delle falde superiori: si tratta di una serie di sei capriate metalliche zoppe, diventate così rispetto a quelle originarie per la nuova presenza del corpo edificato interno all’antico Teatro, che sostengono un intreccio ortogonale e regolare di travi reticolari spaziali a sezione rettangolare, che permettono la formazione dei lacunari di soffitto ed il sostegno dell’impiantistica di sottotetto.
Le grandi capriate, arrivate in cantiere smontate nei loro singoli componenti e già protette con la loro verniciatura antincendio, sono state assemblate su una platea provvisionale montata a livello del grigliato dei lacunari e dopo la formazione sul posto di quest’ultimi, sono state posizionate nella loro geometria definitiva. L’altezza sul displuvio di sommità è pari a cinque metri e mezzo rispetto alla catena inferiore, mentre la superficie che viene coperta raggiunge i 35 metri per 14 di luce libera.
Un piano verticale di controventamento reciproco che irrigidisce in posizione intermedia sulla falda maggiore la compagine delle grandi capriate, forma una ulteriore trave reticolare secondaria con aste di parete a croci diagonali.
La realizzazione dei due piani di falda, con un sottile getto di sutura su una orditura di profili minori e tavellonato di alleggerimento, ha completato la complessa struttura di soffitto e di copertura della Sala maggiore.
Infine anche l’apparato espositivo in ragione dell’ampiezza o delle speciali dislocazioni di alcune opere, ha richiesto la costruzione di strutture vere e proprie; due esempi per tutti.
Il sorprendente modello dell’antica facciata arnolfiana che si osserva da tutti i livelli espositivi all’interno della Sala del Paradiso, appare come una vera e propria architettura monolitica, ma in realtà è un sottile rivestimento esterno di una complessa struttura trabecolare in acciaio a profondità variabile che, staccandosi dalla parete muraria di confine nord dell’antico Teatro, forma i pieni ed i vuoti dell’immenso modello.
In realtà il diffuso telaio spaziale in tubolari di acciaio assolve anche a funzioni statiche non propriamente afferenti al modello delle facciata; la struttura muraria di confine è un pannello piano di 35metri per 18, segnato verticalmente da lesene appena sporgenti, che in origine era “controventato” orizzontalmente, circa a metà altezza, con un solaio sufficientemente plano rigido che è stato smontato nel corso dei lavori. Il nuovo telaio spaziale in acciaio sostituisce questa funzione di controvento con una azione collaborante con l’antica muratura, diffusa sulla sua superficie verticale; tale confinamento è stato inoltre integrato con uno specifico consolidamento murario di sommità per permettere un efficace collegamento con le strutture metalliche di copertura.
Inoltre c’è da dire che la fitta intelaiatura metallica è stata realizzato con elementi scatolari di adeguato spessore, sovrabbondante a livello di resistenza meccanica, ma necessario per conferire una specifica resistenza al fuoco diretta, anche in assenza di protezioni superficiali.
Il secondo esempio di struttura a servizio della musealizzazione è rappresentato dal sistema di sostentamento del gruppo marmoreo “del Ticciati”; in questo caso una massiccia L in cemento fortemente armato riesce a sostenere completamento a sbalzo verso il vuoto dell’atrio di ingresso al Museo, tre statue che “volano” verso il cielo.
In realtà un massiccio traverso realizzato in foggia di parapetto del camminamento retrostante alla parete marmorea sulla quale emergono le statue, ancora e trattiene rigidamente la sommità della L di calcestruzzo, permettendo con sicurezza il sostegno del marmo scolpito, che complessivamente trasferisce alla nuova struttura di sistemazione museale un carico di circa 4.500 chili.
Infine, questi sono i numeri che danno approssimativamente la dimensione dei lavori eseguiti; sono stati tagliati con sistemi meccanici, circa 350 metri cubi di muratura compatta; sono stati gettati 1000 metri cubi di calcestruzzo armato con quasi 95.000 chili di tondo di acciaio; i nuovi solai si estendono per 3000 metri quadrati utilizzando circa 8.000 spillature metalliche per ancorarsi alle strutture murarie esistenti; abbiamo consolidato quasi 5000 metri quadrati di antiche murature ed impiegato 270.000 chili di acciaio in travi a profilo aperto e in tubolare di medio spessore.
I bulloni impiegati nella costruzione delle carpenterie metalliche, è un numero imprecisato a cinque cifre!